Le neuroscienze, le scienze cognitive e le scienze dell’educazione c’informano che, se si insegna adeguatamente, il cervello dei nostri alunni è organizzato per ottenere il meglio dalle sue funzioni basali (memoria, attenzione, lettura, calcolo, conoscenze dichiarative…).
Viene da chiedersi come ciò possa accadere.
Sappiamo che ogni soggetto è portatore di un insieme di meccanismi biologici di natura universale, Vygotsky li chiamava linee di sviluppo della specie, filogenesi, che incontrano i meccanismi psicologici di natura individuale che costituiscono le sue caratteristiche: la sua storia, la sua mamma, il suo ambiente…. cioè la storia del singolo processo psicologico nel suo farsi: la micro genesi .
Cosa mette insieme questi fattori? Cosa permette che Giovanni apprenda proprio in quel modo e Luca in un altro? E ancora: tali fattori possono influenzare perfino la struttura del neurone?
La risposta sta nel principio di sinergia che scatta tra i meccanismi biologici di natura universale e i meccanismi biologici di natura individuale. E’ il principio di sinergia che ci permette di affermare che se l’insegnamento avviene in modo corretto esso potenzia, e stabilizza le conoscenze correttamente, se non avviene in modo corretto, non favorisce il potenziamento.
Vygotsky introdusse un concetto molto importante per chi insegna: “la zona di sviluppo prossimale”. E’ l’apprendimento stesso che crea questa zona di sviluppo prossimale nel senso che attiva una varietà di processi evolutivi che possono operare solo quando il bambino interagisce con i suoi pari o con gli adulti. Questi processi entrano poi a far parte del progresso evolutivo del bambino. In parole semplici la zona dello sviluppo prossimale è lo spazio tra il livello di sviluppo attuale del bambino (la sua capacità di soluzione di problemi) ed il suo livello di sviluppo potenziale (la sua capacità di soluzione di problemi con l’assistenza di un’altra persona) .
Lo sviluppo quindi non è indipendente dall’apprendimento, come sosteneva Piaget, ma complementare ad esso e in continua interazione. Il bambino è potenzialmente in grado di parlare, è potenzialmente in grado di camminare, ma bisogna insegnarglielo. Tutti possiamo ottenere il meglio dalle nostre funzioni, se le esercitiamo bene, non solo, ma anche nei tempi evolutivi adeguati.
Se da adulto una persona vuole imparare a nuotare, sa che deve impegnare molto tempo. Ci sono dei momenti d’oro per gli apprendimenti. E’ la plasticità cerebrale che ci permette di stabilizzare un apprendimento.